I partecipanti dello scambio giovanile Bridges, raccontano la loro fantastica esperienza in Spagna!
"Quello del viaggio a Llinar de Valles, avvenuto a novembre 2024, rappresenta un’esperienza indelebile nel nostro cuore.
Il tema del progetto, intitolato Bridges al quale abbiamo partecipato, riguardava l’utilizzo dell’arte come strumento per costruire “ponti” sociali, delle connessioni tra persone provenienti non solo da luoghi distanti tra loro ma anche con culture e ideologie differenti, in un mondo da modellare, affinché possa diventare sempre più inclusivo e sostenibile.
Di fatto, ogni gruppo di ciascuna nazionalità ha avuto il compito di proporre un’attività a tema artistico da svolgere nell’arco della settimana; alcune di queste prevedevano la realizzazione di un brevissimo cortometraggio con tema uno dei 17 obbiettivi prefissati dall’UE per uno sviluppo sostenibile, da parte di tutti i partecipanti del progetto, divisi in piccoli gruppi, ci siamo cimentati nella creazione di alcune delle maschere più iconiche della Commedia dell’arte italiana, abbiamo fatto pratica di giocoleria, personalizzato t-shirt, dipinto utilizzando colori naturali e persino ideato una coreografia da mostrare in centro città per sensibilizzare il pubblico riguardo il tema principale del progetto: la protezione dell’ambiente.
Si tratta di attività particolarmente stimolanti dal punto di vista non solo creativo ma anche personale, che ti permettono di mettere in pratica skills e idee che spesso si dubita anche di avere, mettendosi così in gioco e acquisendo molta più fiducia in sé stessi.
Alla fine quando si parte non si sa mai a cosa si va incontro, si ha una valigia e un aeroporto come unica certezza, il resto non si sa.
Questo tipo di esperienza non rientra nell’idea di viaggio turistica, non si visita molto né si “va a vedere che c’è”, piuttosto mi sentirei di dire
che si crea una nuova comunità (anche grazie agli alloggi lontani dai centri abitati o popolati), un piccolo gruppo che coesiste per una settimana nello stesso spazio e lì condivide delle piccole esperienze e soprattutto lo stesso entusiasmo.
Particolarmente emozionante è stato lo scambio culturale avvenuto sia grazie alle due cene multiculturali in cui ogni gruppo ha proposto prodotti tipici del proprio paese e sia più spontaneamente grazie a tutte le volte in cui, dopo cena, ci si riuniva per ballare e cantare
insieme, proponendo balli e canti della propria cultura che difficilmente verranno cancellati dalla nostra memoria.
Altro aspetto fondamentale da sottolineare è quello umano: è difficile spiegare a parole il tipo di legame che si crea tra tutti i partecipanti del progetto. Ogni minuto diventa un istante prezioso, che vuoi sfruttare al massimo, passandolo con persone che finisci per amare.
Si condividono esperienze, idee, pensieri tra risate che tolgono il fiato e perché no, anche qualche pianto. Perché sì, questa è un’esperienza che non ti fa mancare nulla. Persino le eventuali barriere linguistiche che a volte sono insorte costituiscono dei momenti che ci hanno permesso di riflettere prima di parlare, dal momento che troppo spesso siamo abituati a rispondere senza neanche ascoltare davvero ciò che il nostro interlocutore sta cercando di comunicare, perdendo così l’essenza del messaggio.
Nessuno si è sottratto dal cercare di parlare con chi era di una nazionalità diversa dalla propria, sforzandosi quindi di utilizzare una lingua che non era quella madre. La grande fortuna che ci è capitata (anche se, secondo me, più che parlare di qualcosa che capita direi che siamo stati tutti bravi a costruirla) è stata la semplicità con la quale ci siamo riconosciuti a vicenda, anche senza conoscerci affatto.
Nell’incertezza e nella paura di partire con un gruppo di persone che non sono mai viste è stata, nel nostro caso, costruita una piccola casa dove ognuno di noi aveva il suo spazio, grazie all’impegno di tutti i partecipanti. Non è qualcosa di scontato, perché il riconoscersi a vicenda spesso richiede il mettersi in gioco e aprirsi, ma anche il saper fare un passo indietro rispetto all’altro: è un gioco di peso e spazio, bisogna saperlo calibrare bene per trovare equilibrio e noi, secondo me, siamo riusciti addirittura a ballarci, prendendoci cura gli uni degli altri.
Credo fermamente che la coesione che si è creata in un tempo estremamente breve ci abbia permesso, in quanto gruppo italiano, non solo di lavorare con tranquillità, ma anche di approcciarci agli altri partecipanti con lo stesso entusiasmo e cercando di mischiarci il più possibile.
Sento di poter dire che, se l’obiettivo del progetto era quello di creare ponti tra culture e persone, più che essere riusciti a passare da un lato all’altro noi ci siamo trovati al centro, ci siamo aiutati e appoggiati gli uni agli altri e incontrati a metà strada e lì, nel mezzo, ci siamo trovati.
Poco tempo fa ho letto un articolo che citava il dialogo tra il filosofo francese Gilles Deleuze e Claire Parnet che diceva così:
<< Ma che cos’è precisamente un incontro con qualcuno che si ama? E’ un incontro con qualcuno, oppure con degli animali che vengono a popolarvi, o con delle idee che vi pervadono, dei movimenti che vi scuotono, dei suoni che vi attraversano? E come separare tutte queste cose? >>
Ecco come noi giovani, anche grazie a questi progetti, dimostriamo che non siamo spaventati dall'uscire dalla nostra zona di comfort, qualità che rappresenta un grande prospetto per il futuro, ma che ci amiamo e abbiamo voglia di imparare ad amare ciò che abbiamo intorno e a giocarci, per incontrarci nel mezzo di nuovi ponti e guardare insieme ciò che abbiamo costruito o sognare nuovi modi di esistere nelle nostre case, nuovi modi di appartenere e appartenerci.
In conclusione, si tratta di un’esperienza che ti cambia davvero e che ti arricchisce in modi inaspettati."