Daniela 1Ciao a tutti, sono Daniela e sono stata una volontaria per sei mesi a Skopje, la capitale della Repubblica della Macedonia del Nord ospite del Center for Youth Activism - KRIK.

Sono arrivata a Skopje alla vigilia dell’anno nuovo: mentre tutti in Italia si stringevano gli uni agli altri riponendo speranze e desideri per il nuovo anno, io mi accingevo a preparare le valigie e a partire verso un luogo di cui non sapevo niente. Sì, perché seppur la maggior parte delle volte ci si concentri sul lavoro da svolgere nell’organizzazione di destinazione, è importante anche ricordare ciò che cambiare Paese comporta. Skopje mi sembrava scura, congelata, spaventosa ed incomprensibile anche a causa della lingua e di un alfabeto completamente diverso da quello a cui ero abituata. Ma piano piano, il sole ha iniziato a riscaldare le mie giornate e tutto mi sembrava più chiaro ed accessibile. Essere da sola in un altro paese a volte presenta le sue sfide, ma la maggior parte delle volte mi ha mostrato colori che prima non potevo nemmeno immaginare, storie che non sempre vengono alla luce in Italia e mi ha fatto sentire voci che ero troppo impegnata per ascoltare prima di arrivare lì. Ciò che però mi è sembrato più significativo durante questi sei mesi è stato il ruolo che mi sono ritrovata a ricoprire: quello di volontaria. Essere volontario può plasmarti in modi molto diversi: sono arrivata con un taglio di capelli diverso e una laurea in sviluppo internazionale, ma lungo il cammino sono diventata una fotografa, un’escursionista, un’assistente sociale e tantissime altre cose. E tutte queste erano versioni appaganti, adorabili e uniche di me stessa che ho potuto scoprire solo in questo tempo e in questo spazio. Tante domande rimbalzavano nella mia testa in merito, riguardo a come avrei dovuto essere e come avrei dovuto comportarmi per poi capire che tutto ciò che avrei dovuto fare era semplicemente essere aperta a tutto ciò che questa esperienza mi stava offrendo.

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La mia missione era quella di aiutare la mia organizzazione a perseguire il suo obiettivo primario: l’inclusione dei giovani con e senza disabilità nel processo decisionale a livello locale e nazionale. Principalmente, però, il mio lavoro consisteva nell’affiancare i giovani con disabilità nelle attività quotidiane propostegli dall’organizzazione – nell’ambito della terapia occupazionale – ed organizzarne di nuove. Inoltre, mi occupavo della comunicazione social e delle attività artistiche svoltesi nell’associazione. Lavorare con persone con disabilità ha allargato le mie vedute e insegnato cose di cui non sapevo sarei stata capace. La barriera linguistica che all’inizio mi sembrava insormontabile, con il tempo è diventata una ricchezza che mi ha permesso non solo di imparare una nuova lingua, ma anche di insegnare la mia. Questo mi ha permesso di entrare a piccoli passi nella comunità che mi stava ospitando facendomi sentire parte di un progetto più grande. Ed è stato così che ho capito cosa volesse dire essere una volontaria: non è solo svolgere un lavoro, ma donare te stesso ad una causa, ad una comunità e ad un progetto più grande, pur consapevole del fatto che il mio passaggio sarebbe stato fugace.