Schermata 2025 08 09 alle 12.02.59Elia ci racconta la sua esperienza di volontariato in Grecia, con il progetto Modern Odyssey.

La mia esperienza in Grecia è stata incredibile e profondamente trasformativa. Quando sono partita, avevo alcune aspettative ben chiare: volevo uscire dalla mia comfort zone, allontanarmi dal mio solito ambiente, incontrare persone nuove, lasciarmi ispirare da altri luoghi e da altre storie. Sognavo un viaggio che mi facesse crescere, che mi mettesse alla prova, che mi riportasse a casa diversa. Ma ciò che ho vissuto ha superato ogni previsione: sono tornata con molto di più di quanto avrei mai potuto immaginare.

Il progetto a cui ho partecipato si chiama Modern Odyssey. Un nome che evoca mito e avventura. Come Ulisse partì per un viaggio lungo sette anni, noi siamo partiti per sette settimane. Un viaggio diverso, certo, ma guidato dallo stesso spirito: quello di scoprire noi stessi, di andare oltre ciò che conosciamo, per ritrovare quella parte autentica, viva, spesso dimenticata, che ognuno porta dentro. Durante queste sette settimane abbiamo attraversato vari ecovillaggi sparsi per la Grecia, ognuno con la sua identità, la sua energia, le sue storie. Abbiamo costruito una nostra piccola comunità fondata sulla cura, sull’ascolto e sulla presenza. Un gruppo di persone diverse per età, esperienze, lingue e sogni, ma unite dalla stessa voglia di mettersi in gioco e imparare.

Ricordo bene la prima settimana, quando ci venne posta una domanda semplice: “Cosa portate sulla barca?” Era una metafora che ci invitava a pensare a ciò che ci rende unici, ai nostri talenti, e a cosa potevamo offrire al gruppo per rendere significativa la nostra presenza. Per me, quella fu la prima vera sfida. Non sapevo cosa rispondere. Non avevo idea di cosa avrei potuto lasciare agli altri o di come avrei potuto contribuire a quell’esperienza. Proprio per questo ho deciso di mettermi in gioco e iniziare a uscire, un passo alla volta, dalla mia timidezza e dalle mie insicurezze. Con il tempo ho capito che non ero l’unica a provarle, e che parlarne apertamente ci ha aiutati a sentirci più vicini.

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Infatti, molti di noi hanno scelto di proporre workshop su temi che li appassionavano e che facevano parte di loro: vocalizzazione, yoga, psicologia, preparazione della pizza, dei ravioli tipici, cura di sé. Sono stati momenti speciali in cui ciascuno ha portato qualcosa di personale, offrendo esperienze coinvolgenti e dinamiche. Il bello è che tutto è nato spontaneamente, nel tempo libero, semplicemente dal desiderio di condividere qualcosa con gli altri e rendere ancora più ricco il tempo passato insieme.

Ogni giorno è stato una scoperta, un piccolo viaggio dentro e fuori di noi. Abbiamo imparato facendo, sbagliando, osservando, aiutandoci a vicenda. All’inizio ci siamo dedicati al volontariato con associazioni locali che si occupano di dipendenze: un’esperienza intensa, che ci ha fatto uscire dalla nostra bolla, ci ha aperto gli occhi su realtà che spesso ignoriamo, o che non vogliamo vedere. È stato uno dei primi momenti in cui abbiamo sentito quanto fosse importante essere presenti davvero, con empatia, senza giudizio.

Negli ecovillaggi abbiamo fatto giardinaggio, costruito muri a secco, sentieri in pietra, restaurato e dipinto. Abbiamo imparato tecniche nuove, riscoperto il valore del lavoro manuale, della fatica condivisa, della bellezza delle cose fatte con pazienza e dedizione. Ma la parte più preziosa, quella che ancora porto con me, è il gruppo. Insieme, grazie anche alla guida delicata e profonda dei nostri mentori, Gonzalo e Michaela, abbiamo costruito fiducia, condiviso emozioni, coltivato amicizie autentiche. Abbiamo ascoltato storie, sogni, vissuti. Abbiamo pianto, riso, cantato. Abbiamo avuto lo spazio per essere visti davvero, per parlare senza filtri di ciò che sentivamo.

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Forse oggi non siamo più abituati a essere autentici. A dire come stiamo davvero. A mostrare le nostre fragilità senza paura di essere giudicati. Questa esperienza mi ha ricordato quanto sia importante farlo. Quanto sia essenziale per vivere una vita piena e vera. E di questo sono immensamente grata.

Un altro momento fondamentale, durante quei due mesi, è stato... cucinare. Un gesto all’apparenza semplice, quotidiano ma che in quel contesto ha assunto un significato completamente diverso. Cucinare insieme è diventato un rito. Un gesto di condivisione, di cura, di ascolto reciproco. Abbiamo rallentato. Abbiamo sperimentato, improvvisato, riso davanti a piatti riusciti e meno riusciti. Abbiamo riscoperto la bellezza di creare con le mani, di partire da ingredienti semplici per costruire qualcosa che nutre non solo il corpo.

È proprio da questa esperienza che, una volta tornata in Italia, ho avuto l’idea di proporre un workshop sull’autoproduzione, come attività di follow-up. Per me, autoprodurre non è solo un gesto pratico o una scelta sostenibile, ma un modo diverso di guardare alle cose. È un cambio di prospettiva: significa riscoprire gesti semplici, quotidiani, fatti con consapevolezza. Non si tratta solo di cucinare. Si tratta di farlo con attenzione, scegliendo con cura, prendendosi il tempo necessario. Significa anche riconnettersi con la natura, con i ritmi più lenti, con le persone intorno a noi.

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Per l’occasione, ho creato una piccola guida all’autoproduzione, con ricette facili per iniziare. Durante il workshop, che ho organizzato a casa di mia sorella insieme ad alcune amiche, abbiamo preparato hummus, tahina e burro di arachidi. Un momento semplice, ma ricco di scambio e collaborazione.

E proprio quando si è da soli che queste pratiche acquistano ancora più valore. Perché è lì che diventano scelte autentiche, non imposte, non dettate dalle mode, ma sentite. È così che ho deciso di condividere la mia esperienza con chi mi è vicino e di continuare a coltivare dentro di me quel seme che è stato piantato in Grecia.

Elia Garofoli

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