Montendre1Il racconto a più voci di un'esperienza interculturale a Montendre, in Francia.

Durante il nostro Erasmus a Montendre ci siamo trovati a vivere un’esperienza unica di confronto tra culture diverse. Le divergenze più frequenti riguardavano soprattutto il cibo: per noi italiani la cucina è quasi sacra, e non è stato facile accettare l’idea della pasta condita con salse particolari o con abbondante aglio. All’inizio queste differenze sembravano insormontabili, ma i dialoghi sono sempre stati aperti, pieni di proposte e soluzioni condivise, e questo ci ha permesso di trasformare i contrasti in momenti di crescita e scambio. Oltre alla tavola, la vera sfida era la lingua. Non conoscendo molto l’inglese temevo di restare escluso, ma è accaduto l’opposto: i ragazzi francesi, armeni e portoghesi sono stati straordinari nel farmi sentire parte del gruppo. Hanno scherzato, giocato e parlato con me con pazienza e curiosità, ascoltandomi sempre e correggendomi quando serviva. Grazie a loro, con la mia base semplice di inglese, sono riuscito persino a raccontare la mia vita, imparando nuove parole e nuove espressioni giorno dopo giorno. Alla fine, da questa esperienza ci portiamo dietro una soddisfazione enorme e una grande gratitudine. Non solo abbiamo scoperto balli, cibi e tradizioni diverse, ma abbiamo  anche trovato AMICI : persone che mi hanno accolto senza barriere e che mi hanno insegnato quanto sia bello mescolare culture, ridere insieme e sentirsi parte di una stessa famiglia. Luca Corniola – Raffaele Parrulli

Erasmus per l'eco-cittadinanza: un’odissea dell’anima nel tempo presente

montendre2Si parte per l’istinto di cercarsi oltre le apparenze a cui si è costretti dalla quotidianità noiosa e al contempo sempre troppo densa di ansie e paure; si parte per cercare la propria identità al di sotto dei ruoli, delle maschere. Il viaggio nel serissimo giuoco dell’eco cittadinanza è il mio tentativo di risposta. 

Nel turbinio ininterrotto della civiltà capitalista, ove ogni ora pare misurarsi in monete e ogni gesto si piega alla logica del profitto, io, giovane smarrito dell’era moderna, ho trovato nell’Erasmus non solo un’esperienza formativa, ma un’autentica traversata esistenziale. Lontano dai luoghi ovvi e dal frastuono della quotidianità, ho rinunciato al peso dell’ansia, a quella cappa opprimente che grava sulle spalle degli uomini e delle donne del nostro tempo, sospinti in una corsa senza tregua, ignari della mèta e sordi al richiamo della propria interiorità.

Ogni mattina, immerso nei ritmi frenetici di una metropoli che non conosce quiete, mi sentivo come un granello di sabbia travolto dalla marea. Le relazioni umane, sovente ridotte a scambi fugaci e superficiali, non lenivano la mia solitudine; eppure, fu proprio in quell’apparente vuoto che iniziò a germogliare una nuova consapevolezza. Il viaggio talvolta non è l’assoluta novità ma uno sguardo nuovo applicato ad un’ovvietà che, rivalutata, disvela il meraviglioso. Così relazioni potenzialmente sterili, incorniciate nello stimolante contesto del viaggio hanno assunto statura diversa e una portata illuminante. Incontrare l’Altro, lo studente straniero, l’attivista, l’artista errante, sono stati per me occasione di salvezza. In quei volti, in quelle storie narrate sottovoce tra una cena condivisa e una camminata sotto le stelle, ho scoperto la possibilità di un mondo diverso, più umano, più autentico.

montendre3È così che ho vissuto l’esperienza dell’eco-villaggio, microcosmo di resistenza e speranza, in cui l’esistenza si svincola dal giogo dell’economia predatoria e si riconnette al ritmo sacro della natura. Lì, tra orti condivisi e silenzi colmi di significato, ho compreso che un’altra vita è possibile — non quella imposta dalla pubblicità e dalla produttività incessante, ma una vita fatta di lentezza, di cura reciproca, di armonia con il creato.

Oggi, nel ricordare quell’esperienza, sento che l’Erasmus non è stato solo un viaggio geografico, ma un cammino interiore: una rinascita. L’eco-cittadinanza non è una teoria astratta, bensì un atto radicale di scelta: la scelta di tornare umani. Roberto Garziano – Andrea A. Capozza

Ognuno di noi sogna sempre di viaggiare verso posti lontani dalla vita quotidiana, ma molto spesso quello che può frenare la gente è il non sapere come esprimersi. Se si pensa ad un viaggio all’estero di qualche giorno non conoscere la lingua del posto o semplicemente l’inglese non sembra un grande problema, ma quando il viaggio diventa un’esperienza di scambio il non potersi esprimere liberamente può diventare un ostacolo. Questo pensiero è ciò che mi ha sempre bloccato nel corso degli anni dall’iscrivermi ad un’esperienza Erasmus, ma quest’anno complice la voglia di esplorare e vivere qualcosa di diverso, mi sono iscritta al programma. L’idea principale era quella di implementare e migliorare la mia comunicazione verbale in inglese, si perché la comprensione non è mai stato un grandissimo problema, ma l’esprimersi in una lingua non tua, nella quale non padroneggi tutte le parole necessarie per esprimerti diventa un tantino più complesso. Già dai  primi colloqui con i responsabili Link, e successivamente con i futuri compagni di viaggio, una delle prime domande verteva sul livello di inglese degli altri partecipanti, perché non volevo sentirmi l’unico pesce fuor d’acqua e quindi in qualche modo poter essere esclusa dalle conversazioni odalle situazione che potevano accadere. Non nego che questo pensiero mi ha messo un po’ di agitazione sino all’arrivo a Montendre e alla conoscenza con i ragazzi delle altre nazioni partecipanti. I primi giorni sono stati quelli più difficili, perché non solo bisognava ambientarsi in un luogo nuovo dove era necessario condividere spazi e abitudini con gente sconosciuta, ma soprattutto perché l’unica comunicazione era in lingua inglese, e per me chiunque era ad un livello linguistico superiore al mio e quindi in grado di esprimersi con più facilità. Con il passare dei giorni però mi rendevo conto sempre di più che fondamentalmente, ad eccezione di qualcuno, eravamo tutti allo stesso livello e che ognuno a modo suo aveva difficoltà ad esprimersi. Questa è stata una consapevolezza importante perché mi ha permesso di superare la paura e spingermi a parlare di più con la gente che avevo intorno. Molto spesso però capitava di non conoscere o non ricordarmi un termine preciso in inglese, e se questo all’inizio portava a bloccarmi, con il passare dei giorni, grazie anche all’aiuto dei compagni di viaggio italiani, ai quali si poteva richiedere una traduzione lampo o alla capacità dei ragazzi degli altri paesi di comprendere gesti, ha permesso di potermi esprimere con più serenità.

montendre4Nel corso delle due settimane la complicità creatasi con tutti i partecipanti ha permesso a tutti diintegrarci senza problemi, di riuscire a comprenderci non solo in inglese, ma anche nelle rispettive lingue, grazie a numerosi giochi di traduzione da noi attuati. Interessante è stato anche comprendere che la comunicazione non solo può avvenire con le parole, ma anche con balli, canzoni, piatti tipici, film, giochi che hanno ulteriormente favorito la conoscenza e l’integrazione.

Alla fine dell’esperienza ho capito che tutte le paure erano inutili e che non era necessario preoccuparsi tanto, perché le parole sono importanti, ma anche gesti, sguardi permettono alle persone di comprendersi, di capire le difficoltà altrui e in molti casi aiutare senza mai infierire sulle difficoltà. Teresa Massaro

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